FABBRICARE MONDI

Molo Ichnusa_M20
Dom, 18/10/2020 - 10:00
SEGNI \ ENERGIA AUTOGENERATIVA \ LABIRINTO \ LUCE \ CAMBIARE PERCEZIONE \ CHTHULUCENE \ SELVA \ PERTURBANTE \ TERZO PAESAGGIO
 
Con intenso impegno, lavoro e gioco di gruppo con altri abitanti del pianeta, sarà possibile il fiorire di ricchi apparati multispecie che includano persone
Donna Haraway
Come unico Teatro di Rilevante Interesse Culturale dell’isola, il Teatro di Sardegna, sin dal primo triennio, ha interpretato i proprio ruolo di istituzione culturale abitando spazi non convenzionali e ponendosi l’obiettivo di creare nuove geografie per la città, indispensabili per generare innovazione sociale. Nella lettura del sociologo urbanista Guido Martinotti, quelli che Marc Augé definisce non luoghi - centri commerciali, stazioni ferroviarie, terminal di aeroporti e hub crocieristici - sono «niente di meno che i posti tipici della città dei nostri anni, sono
“nos-lieux”». Gli spazi che caratterizzano la vita nella città sono infatti privi di una determinazione univoca, ma si prestano per questo a essere polisemici, polifunzionali e a prendere il senso nell’appropriazione, nella frequentazione che gli abitatori ne danno in occasioni specifiche.
 
L’enorme vela del Molo Ichnusa di Cagliari rappresenta esattamente le possibilità di questo “nostro luogo”: spazio di arrivo, incontro, trasformazione e (ri)partenza, le cui le potenzialità date dalle dimensioni, dalla concezione architettonica e dalla posizione sono inedite e innumerevoli. Ampliare e ribaltare le prospettive, agire sulla percezione dei luoghi, «fabbricare
mondi», sono conseguenze e possibilità dischiuse dall'azione creativa: le pratiche modellano in modo mutevole i significati degli spazi, dove il gesto e la parola ridiscutono le modalità di esistenza e coabitazione. L’intervento di Sardegna Teatro nell’agorà sotto la vela presente nel Molo Ichnusa aprirà uno squarcio tra le dimensioni, consentendo di accedere a
una eterotopia - luoghi aperti su altri luoghi, luoghi la cui funzione è di far comunicare tra loro degli spazi - , alla realtà immaginifica, virtuale, a quel ”altrove” connaturato al concetto del navigare, insito nella struttura.
 
La vela che copre lo stabile mostra delle fenditure che aprono a cielo. La costruzione impone una dissonanza cognitiva: dirimpetto al mare, ne cela la vista. A partire da una osservazione e esplorazione del luogo, proveremo a fabbricare mondi, cioè a mettere in comunicazione questo spazio con ambienti e paesaggi che appartengono a sottoboschi onirici, nei quali la natura riacquista spazi liberi di incoltura e i processi artistici si lasciano modificare dalle nuove topografie, creandone di inedite. Lo sguardo sui margini si traduce nella capacità di riconfigurare paesaggi, come pratica «collettiva individuale», senza nostalgie di rassicuranti luoghi identitari. 
 
Il progetto degli allestimenti coordinati da Sardegna Teatro prevede in primo luogo il ritorno dell’installazione Museum of the Moon, l’opera d’arte di Luke Jerram che, grazie alle immagini della NASA, riproduce fedelmente la superficie lunare. La luna è considerata un orizzonte metafisico iconico cui rivolgere sogni e desideri; ad essa darà il cambio Gaia, opera dello stesso artista, riproduzione fedele del pianeta Terra, visto dalla Luna. Gaia diventerà occasione di riflessione, specchio dei grandi eventi della società, nonché evidenza di una nuova prospettiva: la visione dallo Spazio rende la terra un’entità incredibilmente bella, tanto preziosa quanto fragile. 
 
In virtù della sinergia con Fondazione Sardegna Film Commission, verrà proiettata l’ultima opera filmica dell’artista anglosassone Graeme Miller, Wild Car, un contemplativo viaggio  d’inverno che l’autore ha fissato in immagini, scegliendo rotaie abbandonate  per ogni Paese d'Europa e, per l'Italia, la campagna di Ulassai.
 
Voldemars Johansons proporrà il suo Thirst una documentazione audiovisiva del paesaggio marino delle Isole Faroe nell'Oceano Atlantico durante una forte tempesta invernale, ealizzata come un unico piano sequenza visivo e sonoro. La ripresa, fatta da una roccia della costa, è tale da far coincidere la posizione della telecamera con un punto di vista umano. L'installazione invita ad entrare nel vento, nella pioggia e nel rumore di acque travagliate, osservandole e ascoltandole in una condizione che sarebbe impossibile nelle circostanze naturali, quando l'ammirazione e lo stupore vengono sostituiti dalla paura.
 
Il light designer Loïc François Hamelin, il compositore Alessandro Olla e lo scenografo Sergio Mancosu hanno creato una equipe permanente che – per tutta la durata di tempo in cui  Sardegna Teatro abiterà il Molo Ichnusa – elaborerà visioni e astrazioni a partire dagli elementi che compongono lo spazio e commissionerà lavori ad hoc a altri artisti, per mutare costantemente di segno i connotati percettivi del luogo. Ritratteggiare un luogo significa non soltanto abitarlo ma aprire varchi di possibilità, fabbricare orizzonti - anche perturbanti - e modificare i confini del possibile.